Minacce collaboratrice domestica in nero licenziata via WhatsApp





Buongiorno, navigando in Internet ho trovato il vostro contatto. Da diversi anni mi avvalgo della collaborazione domestica in nero, a casa di mia madre, di una signora originaria dell'Armenia (al momento non credo abbia ottenuto la cittadinanza italiana) che ho a suo tempo conosciuto nell'ambito dell'azienda dove lavoro (qui opera come addetta alle pulizie come regolare dipendente della società appaltatrice). Per disguidi e dissapori ho deciso di non voler più avvalermi della sua collaborazione.
Il compenso pattuito con lei, è stato sempre pagato in contanti. Ora, indispettita dalla mia decisione, direttamente dall'Armenia dove si trova da un mese a questa parte, cerca di muovere minacce, prima velate, e poi esplicite via WhatsApp alle quali non ho dato seguito ignorandole.
Chiedo come devo comportarmi, a quali conseguenze posso andare incontro.
Grazie in anticipo per il cortese riscontro. Un cordiale saluto

 

RISPOSTA

 

Premesso che non sarà pubblicato nulla in merito alla presente consulenza, ti chiedo “quali minacce?”
Minacce all'incolumità che meriterebbero una denuncia penale?
Minacce di fare ricorso alle vie legali, con ricorso al tribunale del lavoro?
Minacce di denuncia all'ispettorato del lavoro?
Minacce di non restituire beni che in questo momento sono in possesso della signora, per motivi di lavoro e di assistenza?
Immagino che la signora prospetti un contenzioso a seguito di ricorso al giudice del lavoro, nonché una denuncia all'Ispettorato del lavoro.
Quali sarebbero le sanzioni amministrative? se la badate ha svolto attività in nero per non oltre 30 giorni, c’è una sanzione da un minimo 1.800 euro a un massimo 10.800 euro;
se la badante ha svolto attività in nero per non oltre 60 giorni, la sanzione parte da un minimo di 3.600 euro e arriva ad un massimo di 21.600 euro;
se la badante ha svolto lavoro in nero per oltre 60 giorni, la sanzione oscilla tra un minimo di 7.200 euro e un massimo di 43.200.
Passiamo adesso agli aspetti più concreti della presente vertenza: la badante è in grado di dimostrare di avere lavorato in favore dell'anziana signora?
È in grado di dimostrare gli elementi essenziali del contratto di lavoro?
Quali sono questi elementi essenziali?
La retribuzione.
È in grado di dimostrare dinanzi al giudice del lavoro oppure all'Ispettorato del lavoro, l'entità della sua paga? Penso proprio di no, visto che è stata pagata in contanti e non con strumenti di pagamento tracciabili.
È in grado di dimostrare il suo orario di lavoro?
È in grado di dimostrare le sue mansioni?
Soprattutto è in grado di dimostrare la sua subordinazione (ossia l'obbligo di seguire le disposizioni) nei confronti del datore di lavoro (che in questo caso sarebbe tua madre, visto che ha piena capacità di intendere e di volere?).
Considera che le email, gli sms, i messaggi in chat sono semplici riproduzioni meccaniche prive di firma che possono essere disconosciute dalla controparte processuale, nel corso del processo dinanzi al tribunale del lavoro.
I testimoni?
Dubito che portava testimoni con sé, presso l'abitazione di tua madre.
Ci saranno testimoni disponibili a dichiarare che si recava presso l'abitazione di tua madre … ma non possono testimoniare lo svolgimento di attività di lavoro subordinato …
La badante avrebbe potuto recarsi dalla signora per amicizia, per aiutarla senza alcun obbligo né vincolo di subordinazione …
Considera che l'onere della prova sarà interamente in capo alla badante, ai sensi dell'articolo 2697 del codice civile
Art. 2697 del codice civile. (Onere della prova).
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si e' modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

Il giudice del lavoro terrà conto anche di un particolare molto importante: la badante aveva già un posto di lavoro pertanto, aveva tutto l'interesse a lavorare in nero, per evitare un aggravio del carico fiscale, visto che i redditi avrebbero fatto cumulo ai fini delle imposte dirette!
Spesso le badanti chiedono di lavorare in nero per non perdere il diritto alla NAPSI
(disoccupazione) oppure al reddito di cittadinanza … ma questa si chiama truffa aggravata ai danni dello Stato!
Qualcuno dovrebbe spiegare alla badante che ai diritti corrispondono gli obblighi.
Se pretende emolumenti non percepiti … dovrà poi pagare le maggiori imposte, visto che un lavoro già lo aveva.
Se nel frattempo ha percepito il reddito di cittadinanza oppure la NASPI … finirà iscritta nel registro degli indagati per truffa aggravata ai danni dello Stato!
Spesso queste badanti non sono affatto sfruttate, ma pretendono il rapporto di lavoro in nero, per motivi di comodo o per motivi fraudolenti.
A disposizione per chiarimenti.
Cordiali saluti.

Fonti:

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