I contratti di prossimità non possono derogare i minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale
Ai sensi dell'art. 8 del D.L. 138/2011 (contratti di prossimità) è consentito ai contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale di derogare, con specifiche intese, alla disciplina legale e contrattuale collettiva nelle particolari materie elencate al comma 2 del medesimo articolo.
Il suddetto elenco ha peraltro carattere tassativo e, quindi, la possibilità di deroga è contemplata esclusivamente in riferimento a tali materie. Tanto premesso si chiede di approfondire l'aspetto riferito alla possibilità di derogare in peius, tra l'altro, anche i minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro vigente per uno specifico settore. Alcuni consulenti propendono per la derogabilità. Grato per la risposta.
RISPOSTA
Ritengo che le versioni dottrinali che propendono per la derogabilità siano infondate giuridicamente, per i seguenti motivi.
Ai sensi dell'articolo 14 delle preleggi “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”.
Trattandosi di una norma eccezionale che prevede casi tassativamente indicati dal legislatore, tale norma non può essere estesa arbitrariamente a seguito di interpretazione analogica.
L'articolo 14 delle preleggi è strettamente correlato ad un'interpretazione rigorosa del principio di legalità; il divieto di analogia deve essere considerato come una garanzia del favor libertatis, a tutela della libertà dell'individuo (e del lavoratore) contro i possibili arbitri del giudice.
Un principio cardine del nostro ordinamento giuridico !!!
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarieta’ negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalita’ di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonche’ fino ad un anno di eta’ del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
Non soltanto l'articolo 14 delle preleggi osta a tale tesi estensiva, ma anche il comma 2 bis del medesimo articolo.
Leggiamo con attenzione l'incipit del comma 2 bis:
2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonche’ i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, …
Se ce ne fosse ancora bisogno, il comma 2 bis precisa che i due commi precedenti devono essere interpretati nel rispetto della Costituzione (di tutta la Costituzione, non soltanto dei principi costituzionali fondamentali), quindi anche del diritto al giusto salario (art. 36, com. 1).
Art. 36 della Costituzione.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Fintanto che la giurisprudenza italiana, sarà concorde nel concretizzare, in sede giudiziale, il diritto di cui all'art. 36 della Costituzione, nell'applicazione del contratto collettivo anche al lavoratore non iscritto al sindacato, derogare al minimo salariale, in assenza di una specifica ed espressa norma di legge, sarà considerata un'interpretazione contraria alla costituzione “materiale” prima ancora che al dettato normativo dell'articolo 36 I comma.
Per tali motivi, escludo la derogabilità dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro, tramite l'utilizzo “improprio” dei contratti di prossimità.
A disposizione per chiarimenti.
Cordiali saluti.