Consulenze del lavoro - Diritto alle ferie del lavoratore dipendente



 

Salve.
Chiedo gentilmente di fare luce su un argomento il quale nè i colleghi e neppure un avvocato sono riusciti a chiarire esattamente.

Lavoro con contratto a tempo indeterminato 3* livello settore trasporti, per un azienda americana che si chiama XXXXX nella quale ogni anno e precisamente in questo periodo, viene concordato e redatto alla presenza dei colleghi e del supervisore, un "vacation plan" ovvero il piano delle ferie per l'anno in corso.
Aggiungo inoltre che qualche giorno prima dell'inizio di un qualsiasi periodo di ferie, (che sia di due giorni, di un mese, ecc.), deve essere inviato via mail un modulo per la richiesta delle ferie al supervisore ed ai team leader per conoscenza, perché devono essere autorizzate. Si dice che sia un "pro forma", ma non credo proprio.

In data odierna, appena presentato il mio vacation plan, il supervisore mi ha comunicato (come altre volte nel corso dell'anno precedente) che in caso di assenza di risposta alla "richiesta ferie", le stesse vanno considerate come NON AUTORIZZATE.
Inoltre l'autorizzazione o la negazione delle ferie, pare che possa pervenire, sempre da ciò che mi son sentito dire dal supervisore, anche cinque minuti prima di terminare l'ultimo giorno di lavoro.

Dunque, in sostanza, chiedo: è normale che anche se prenoto un viaggio due mesi prima (in certi casi è necessaria anche la prenotazione di parecchi mesi), il mio capo possa tranquillamente "disfarmi e rifarmi le valigie" a suo piacimento 5 MINUTI prima di "partire"???
E se il mio datore di lavoro dovesse avere delle reali necessità, la legge mi consente di poter quantomeno rientrare in possesso della somma spesa per la vacanza???

Un mio collega, a causa di questo sistema "a trabocchetto" è rimasto "fregato": non ha ricevuto risposta alla sua richiesta ferie e, pensando alla regola del "silenzio assenso", si è ritrovato con una lettera di richiamo!

Grazie.
Saluti.

 

RISPOSTA



Il diritto alle ferie annuali, costituzionalmente sancito, è ispirato da ragioni di ordine pubblico che traggono origine dall’esigenza di tutela dell’integrità fisica-psicologica e dello stato di salute del cittadino-lavoratore subordinato.
La Costituzione, all’art. 36, 3° comma[1], ha stabilito il principio in base al quale il lavoratore ha diritto di godere oltre che del riposo settimanale, di un periodo di ferie annuali retribuite a cui non può rinunziare.
Tale principio costituzionale ha trovato attuazione nell’articolo 2109 del cidice civile[2]; tale norma configura il periodo annuale di ferie retribuito come un diritto insopprimibile e irrinunciabile del lavoratore, cui corrisponde l’obbligo del datore di lavoro di organizzare e dirigere l’attività, in modo da consentire l’esercizio di tale diritto.

L'articolo 2109[2], II comma, prevede che :
- la durata delle ferie è fissata dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi e secondo equità ;
- il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve tenere conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore;
- il periodo feriale deve essere possibilmente continuativo;
- il periodo feriale deve essere retribuito;
al III comma :
- l’imprenditore deve preventivamente comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie;
al 4° comma:
- non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’art. 2118 (recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato)

L’art. 2109 c.c.[2] individua un potere del datore di lavoro, nello stabilire il momento di godimento delle ferie, tenendo conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore.
Si evince pertanto una facoltà unilaterale del datore di lavoro nel determinare la collocazione temporale del periodo feriale, finanche a modificarla, che rientra nell’ambito dei poteri di organizzazione dell’attività aziendale, fatto salvo il dovere di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo di ferie.

Un tale potere non può essere esercitato in modo da vanificare le finalità cui è preordinato l’istituto del diritto alle ferie retribuite. Eventuali deroghe al diritto del lavoratore possono ammettersi, solo per l’insorgere di “situazioni eccezionali non previste né prevedibili”; il diritto del dipendente di effettuare le ferie nel corso dell’anno può essere legittimamente differito all'anno successivo, solo nel caso in cui le esigenze di servizio assumano carattere di eccezionalità e come tali, siano motivate e comunicate ai lavoratori i cui periodi feriali siano già fissati o debbano ancora essere fissati.

Dal contenuto delle motivazioni delle sentenze n. 20662 del 2005  e n. 2016 del 2006 della Corte di Cassazione, in materia di indennità sostitutiva al diritto alle ferie, si evince l'assenza di un obbligo di un accordo tra lavoratore e datore di lavoro, nel determinare il periodo di ferie; a maggior ragione, risulta giuridicamente infondato, il configurarsi di un potere di determinazione del periodo delle ferie, da parte del solo lavoratore, senza il consenso esplicito o tacito del datore di lavoro.
Il lavoratore, in ogni caso, ha diritto ad un periodo di ferie, consono al raggiungimento delle finalità dell'istituto, indispensabile per consentire al lavoratore oltre al recupero delle energie psico-fisiche anche la tutela e la valorizzazione dei suoi liberi interessi e dei suoi tempi di vita, che l’art. 10 del decreto legislativo n° 66/2003 fissa, in almeno due settimane nell’anno di maturazione, cronologicamente consecutive solo su richiesta del lavoratore.

Sistema sanzionatorio
Il legislatore del 2003, in sintesi, ha previsto per il datore di lavoro un sistema sanzionatorio, in materia di ferie del lavoratore dipendente:

1) l’obbligo di concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell’anno di maturazione;
2) l’obbligo di concedere due settimane consecutive di ferie, se richiesto dal lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione;
3) la fruizione del restante periodo minimo di due settimane nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione.

Il decreto legislativo n° 213/2004[3], nell’integrare le disposizioni del decreto legislativo n° 66/2003[4] ha disposto, nel caso di violazione dei suddetti principi, la sanzione amministrativa da euro 130 ad euro 780, per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione .

Tanto premesso e considerato:

1) la prassi del piano ferie, in uso presso la tua azienda, è legittima.
2) il datore di lavoro può esprimere la sua decisione, in merito all'autorizzazione alle ferie, anche all'ultimo momento. Non esiste una norma sanzionatoria che possa obbligare il datore di lavoro a concedere l'autorizzazione, entro un determinato spazio temporale. In caso di autorizzazione alle ferie già concessa, la stessa può essere revocata soltanto per gravi ed eccezionali esigenze aziendali.
3) il datore di lavoro non deve rimborsare le spese delle vacanze prenotate dal lavoratore, se non ha autorizzato le ferie. Deve rimborsare tali spese, soltanto in caso di revoca dell'autorizzazione alle ferie, in mancanza di gravi ed eccezionali esigenze aziendali.
4) la determinazione del periodo di ferie si configura come un potere unilaterale del datore di lavoro, che deve considerare le esigenze del prestatore, senza tuttavia essere condizionato dalle richieste del lavoratore.
5) non esiste un obbligo di accordo tra il datore ed il prestatore, nel determinare il periodo di ferie.
6) In caso di assenza di risposta al piano ferie, da parte del datore di lavoro, le stesse non possono essere considerate autorizzate. La legge non prevede il silenzio assenso, in materia di autorizzazione alle ferie.

Cordiali saluti.

 

Fonti:

Vuoi chiedere una consulenza online ai nostri Avvocati?

legaleconsulenza.it pubblica migliaia di consulenze legali e articoli di approfondimento

cerca